Villa-fattoria di Travalle

Villa di travalle

Ai piedi della Calvana e perciò ricca di acque, ai margini della zona paludosa che in epoca storica caratterizzava la piana fiorentina e perciò propizia agli insediamenti umani, a Travalle ancora oggi sono ben visibili i segni della storia.

La presenza umana nella zona è testimoniata fin dalle epoche più arcaiche, quando la Calvana era probabilmente terreno d'incontro tra pastori liguri e le popolazioni villanoviane che abitavano la piana fiorentina, come hanno dimostrato anche recentissimi scavi per siti venuti alla luce nell'area dell'aeroporto di Peretola, nella zona del Neto tra Settimello e Sesto Fiorentino e nell'area dell'interporto pratese. Di questo periodo a Travalle restano oggetti come un coltello di selce oggi esposto presso l'Azienda Autonoma del Turismo di Prato.

Più evidenti nel paesaggio sono invece le tracce degli insediamenti di epoca romana.

La centuriazione dei campi effettuata nell'I sec. a.C. è da attribuire ai legionari di Cesare, che qui come in molte altre zone d'Italia e d'Europa, venivano a stabilirsi alla fine del servizio militare, mischiandosi alla popolazione locale.

I numerosi toponimi in -ano (es.: Cavagliano) che caratterizzano Travalle come l'intera Val di Marina sono di origine latina, e del resto proprio la ricchezza di acque della zona aveva spinto gli ingegneri di Augusto e di Tiberio a costruire alla Chiusa l'acquedotto che doveva rifornire la sempre più fiorente colonia di Florentia.

Travalle - Giardino della villaIntorno al I  sec. d.C., inoltre, è accertata la presenza di una villa romana nell'area dove oggi sorge la villa di Travalle. Dopo alcune segnalazioni fatte negli anni '70, scavi condotti alla fine degli anni '80 dalla Sovrintendenza Archeologica della Toscana hanno riportato alla luce una vasca di "cocciopesto", destinata probabilmente alla tintura dei tessuti, strutture murarie e materiali ceramici risalenti sempre al I sec. d.C.

Del resto tutta l'area intorno al sito presenta, per un'estensione di circa 20 ettari, una notevole quantità di frammenti ceramici e laterizi sia di epoca romana che medievale. Ulteriori scavi, condotti alla ricerca di pavimenti a mosaico di cui si era interessato un restauratore dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze nel 1945, hanno portato alla luce una serie di sepolture di epoca medievale in fossa semplice o coperta da lastre di arenaria locale. Tale cimitero potrebbe essere relativo all'antica chiesa di San Bartolo, citata da fonti medievali e richiamata dallo stesso toponimo del luogo.

Tuttavia sotto tale strato archeologico sono stati rinvenute strutture murarie preesistenti ed anche numerosi frammenti di pavimento musivo in bianco e nero uniti ad una notevole quantità di tubuli romani, caratteristici degli apparati di riscaldamento di epoca imperiale. Questo fa supporre l'esistenza di una villa di notevoli dimensioni, con terme e palestre. La stessa vasca in cocciopesto fa pensare alla presenza di impianti di produzione che potrebbero aver affiancato le terme sfruttando un comune sistema di approvvigionamento idrico.

Nel Medioevo, ormai ridotta in rovina, l'antica villa romana e molto probabilmente trasformata in chiesa, il centro politico ed economico sembra essere la dimora feudale che sorge sulla collinetta in località "Castellaccio".

In un tempo in cui il comune di Firenze doveva tener conto dei rischi ai quali era esposto il transito sulla strada a causa delle aggressioni dei feudatari protetti dalle autorità imperiali, si era anche disposti a procacciarsi la sicurezza del traffico mediante denaro, acquistando i diritti dei nobili.

Tra questi erano anche i Lamberti, cavalieri ghibellini. Essi possedevano il castello di Travalle, presso Calenzano, che il Comune acquistò ad alto prezzo, accordandosi anche coi Tosinghi per i diritti che vantavano sul castello, come appare in un atto di vendita fatta nel 1225 dagli eredi di Tignoso della Tosa e dai loro consorti al Comune di Firenze del loro castello (appunto l'attuale Castellaccio) per 500 fiorini d'oro.

Travalle - Campo di granoTra i consorti degli eredi di Tignoso era presente anche Mosca di Lamberto della Tosa, che nel 1215 partecipò all'assassinio di Buondelmonte Buondelmonti, l'atto che, secondo la tradizione, ha dato il via alle lotte tra Guelfi e Ghibellini,«che fu il mal seme per la gente tosca» (Dante, Inferno, XXVII).

Sulla fine del secolo medesimo nacque a Travalle anche Giovanni di Pucceno, che nel 1333 fu decapitato su ordine del Podestà di Firenze (Cronaca di Giovanni Villani) per la sua attività di bandito.

Nel 1260, a testimonianza dell'importanza strategica del posto, furono proprio gli uomini di Travalle a dover restare a difesa del territorio intorno a Calenzano al comando del cavaliere Ghetto degli Aliotti, Vicario della Val di Marina, mentre gli altri erano arruolati sotto le insegne gigliate del Comune di Firenze per la battaglia di Montaperti. Inoltre per aiutare Montalcino assediata dai ghibellini senesi, la chiesa di Santa Maria a Travalle doveva versare 2 staia di grano raccolte dal rettore Guido Ugolini presso tutti i contadini ed artigiani della zona.

Con l'affermazione del partito guelfo ed il successivo lungo periodo di pace durante il quale i nobili feudali dovettero cedere progressivamente spazio al Comune di Firenze teso alla conquista del suo spazio territoriale, anche il castellaccio perse progressivamente la sua funzione militare. Se ancora nel primo Trecento è citato in un cifrario di segnalazioni come avamposto militare, successivamente acquista progressivamente la funzione di casa da Signore con annessa casa da lavoratore.

Nel Quattrocento, Travalle che aveva subito i danni delle incursioni delle truppe ghibelline di Castruccio (1325), delle milizie viscontee di Giovanni da Oleggio (1350) e delle milizie pisane unite ai mercenari inglesi di Giovanni Acuto (1360), doveva presentare una conformazione già simile all'attuale, caratterizzata da case sparse spesso più simili a muniti fortilizi che a civili abitazioni.

Ma è da far risalire indubbiamente al periodo mediceo l'incremento, anche nelle nostre zone,  di quei grossi o medi possedimenti agricoli formati di vari o molti poderi al centro dei quali sorgevano imponenti fattorie alle quali spesso si affiancavano splendide ville: o meglio, se la formazione di queste entità era cominciata molto tempo prima, durante il Granducato dei Medici si ebbe un intensificarsi, un estendersi ed un allargarsi di tali fenomeni, tanto che si è potuto parlare di rifeudalizzazione.

Questo tipo di organizzazione agricola prima si organizzò e prosperò, poi si irrigidì tra il XV ed il XVI secolo. I loro tipi fondamentali ovviamente variavano secondo le dimensioni del possedimento e la struttura del suolo, ma proprio la villa e la fattoria di Travalle ne danno ancora un'idea chiara e paradigmatica (esempio di Giuseppe Nuti, nella Storia di Prato).

Travalle - MulinoAl centro, sul ruscello sorge appunto un vasto e complesso edificio ad uso dei padroni e degli amministratori, fiancheggiato da ampi magazzini, da un mulino, da giardini e da un denso bosco: da esso si diramano sei o sette viottole quasi rettilinee che raggiungono altrettante grosse case da contadini che, nella loro solida struttura rivelano ancora mura medievali ed occupano alture e collinette che fanno corona, distanziate con equilibrio, alla villa che è al centro di tutto l'organismo agrario. Il torrente maggiore ed i ruscelli minori sono tutti regolati da solidi muri.

É evidente che, se anche il complesso dei vari lavori necessari a tale sistemazione richiese molti anni, forse vari decenni, l'idea fondamentale fu una, il progetto fu proprio quello di creare un organismo strettamente e fortemente accentrato.

Certo le numerose ville-fattorie delle nostre zone raramente presentano così sviluppati, organici ed armonici i loro caratteri come si può ancora vederli in quel notevolissimo esempio, ed «il paesaggio agreste dalle varie e ridenti coltivazioni, particolarmente curate e sorvegliate, aveva bisogno di centrarsi nel chiaro edificio signorile» al quale «si aggiunsero nei secoli di più quieto vivere, architetture solenni con scenografici viali di alti cipressi o fondali digradanti di folte ombrose schiere di pini» ed «il senso del possesso fu più compiuto e ben desiderato il trascorrervi i periodi della migliore stagione» (Petri-Paoletti, Ville Pratesi, Val di Bisenzio, vol. I).

Comunque, occorre affermare che durante il Granducato Mediceo anche nel nostro comprensorio lo sviluppo economico dell'agricoltura fu pagato da un deterioramento della condizione economica, sociale ed umana della classe contadina. Certo, i proprietari agricoli fecero il loro dovere nella diligenza con cui organizzarono e diressero il miglioramento agricolo permettendo quella razionalizzazione agraria che sarebbe stata poi sviluppata dalle generazioni successive, discendenti dei vecchi proprietari. Ma questo tenendo anche, in generale, scarsissimo conto delle esigenze umane e sociali dei contadini, che certamente sopportarono le fatiche più dure e conobbero gli aspetti più ingrati che quella organizzazione: tante volte oppressi, sempre poco curati, più d'una volta vilipesi e derisi dalla boria cittadinesca e dalla sufficienza dei letterati.